Cassini fotografa la più grande tempesta su Saturno
Grazie ai dati raccolti il 24 febbraio 2011 dallo spettrometro VIMS, realizzato con un importante contributo italiano
05 Set 2013
Ogni anno su Saturno – corrispondente a trent’anni sulla Terra – esplode una enorme tempesta che puntualmente sconvolge l’aspetto della sua intera atmosfera. L’ultimo di questi tumultuosi eventi, individuato nel dicembre 2010, ha catturato l’attenzione della comunità scientifica mondiale. E’ cresciuta in poco tempo circondando Saturno a circa 30 gradi di latitudine nord per 300.000 chilometri, rivelandosi la più grande tempesta mai osservata sul pianeta degli anelli: l’energia liberata è stata infatti in grado di far emergere ghiaccio d’acqua da grandi profondità.
A ‘fotografare’ il fenomeno è stata la sonda Cassini che, basandosi sulle rilevazioni dello spettrometro VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer, sviluppato dall’ASI) effettuate a febbraio 2011, ha permesso di studiarne la composizione e i movimenti. I dati sono stati analizzati da un team di studiosi dell’Università del Wisconsin, che hanno utilizzato la banda infrarossa per osservare la composizione degli strati più profondi dell’atmosfera di Saturno, solitamente invisibili, rivelati dalla violenza della tempesta.
In particolare i componenti principali delle nuvole che compongono la tempesta sono tre: ghiaccio d’acqua, ghiaccio di ammoniaca e un terzo gas che potrebbe essere idrosolfuro di ammonio. Secondo gli scienziati due sono le ipotesi compatibili con i dati rilevati: o i tre componenti sono mescolati nelle singole nuvole, oppure si tratta di nuvole d’acqua accanto a nuvole di ammoniaca. La prima ipotesi sembra essere più probabile ma i dati non smentiscono la seconda.
Gli scienziati sono convinti che la tempesta si comporti come un vulcano, spingendo le particelle di nuvole dalla profondità alla superficie, rendendole visibili dall’esterno dell’atmosfera. Le nuove osservazioni di Cassini convalidano quindi i modelli dell’atmosfera e quelli delle supertempeste, dimostrando che queste ultime differiscono da quelle terrestri solo per intensità e longevità.
“Ogni tanto – ha commentato Enrico Flamini, Chief Scientist ASI – si riflette sull’opportunità di mantenere in attività le missioni spaziali che sono ben oltre la loro vita prevista in origine. Cassini è il migliore esempio di quello che un satellite estremamente ben realizzato e superbi strumenti possono fare andando ben oltre il limite di tempo per cui erano stati pensati in origine. I dati acquisiti da VIMS, uno strumento composto da due canali uno nel visibile realizzato in Italia e l’altro, infrarosso, realizzato in America dimostrano che le tempeste gigantesche che si scatenano circa ogni trenta anni su Saturno sono capaci di portare alla sommità delle nubi il ghiaccio d’acqua che altrimenti rimane invisibile nelle profondità del pianeta. Per inciso questa si estende su una lunghezza di poco inferiore alla distanza della Terra dalla Luna! Solo rimanendo in orbita per tanti anni potevamo scoprirlo”.
ASI – Agenzia Spaziale Italiana – News
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Cassini fotografa la più grande tempesta su Saturno
Grazie ai dati raccolti il 24 febbraio 2011 dallo spettrometro VIMS, realizzato con un importante contributo italiano
05 Set 2013
Ogni anno su Saturno – corrispondente a trent’anni sulla Terra – esplode una enorme tempesta che puntualmente sconvolge l’aspetto della sua intera atmosfera. L’ultimo di questi tumultuosi eventi, individuato nel dicembre 2010, ha catturato l’attenzione della comunità scientifica mondiale. E’ cresciuta in poco tempo circondando Saturno a circa 30 gradi di latitudine nord per 300.000 chilometri, rivelandosi la più grande tempesta mai osservata sul pianeta degli anelli: l’energia liberata è stata infatti in grado di far emergere ghiaccio d’acqua da grandi profondità.
A ‘fotografare’ il fenomeno è stata la sonda Cassini che, basandosi sulle rilevazioni dello spettrometro VIMS (Visual and Infrared Mapping Spectrometer, sviluppato dall’ASI) effettuate a febbraio 2011, ha permesso di studiarne la composizione e i movimenti. I dati sono stati analizzati da un team di studiosi dell’Università del Wisconsin, che hanno utilizzato la banda infrarossa per osservare la composizione degli strati più profondi dell’atmosfera di Saturno, solitamente invisibili, rivelati dalla violenza della tempesta.
In particolare i componenti principali delle nuvole che compongono la tempesta sono tre: ghiaccio d’acqua, ghiaccio di ammoniaca e un terzo gas che potrebbe essere idrosolfuro di ammonio. Secondo gli scienziati due sono le ipotesi compatibili con i dati rilevati: o i tre componenti sono mescolati nelle singole nuvole, oppure si tratta di nuvole d’acqua accanto a nuvole di ammoniaca. La prima ipotesi sembra essere più probabile ma i dati non smentiscono la seconda.
Gli scienziati sono convinti che la tempesta si comporti come un vulcano, spingendo le particelle di nuvole dalla profondità alla superficie, rendendole visibili dall’esterno dell’atmosfera. Le nuove osservazioni di Cassini convalidano quindi i modelli dell’atmosfera e quelli delle supertempeste, dimostrando che queste ultime differiscono da quelle terrestri solo per intensità e longevità.
“Ogni tanto – ha commentato Enrico Flamini, Chief Scientist ASI – si riflette sull’opportunità di mantenere in attività le missioni spaziali che sono ben oltre la loro vita prevista in origine. Cassini è il migliore esempio di quello che un satellite estremamente ben realizzato e superbi strumenti possono fare andando ben oltre il limite di tempo per cui erano stati pensati in origine. I dati acquisiti da VIMS, uno strumento composto da due canali uno nel visibile realizzato in Italia e l’altro, infrarosso, realizzato in America dimostrano che le tempeste gigantesche che si scatenano circa ogni trenta anni su Saturno sono capaci di portare alla sommità delle nubi il ghiaccio d’acqua che altrimenti rimane invisibile nelle profondità del pianeta. Per inciso questa si estende su una lunghezza di poco inferiore alla distanza della Terra dalla Luna! Solo rimanendo in orbita per tanti anni potevamo scoprirlo”.
ASI – Agenzia Spaziale Italiana – News